Super-Cuarx: La migrazione delle culoidi

Le culoidi sono tra le razze animali più comuni sul nostro stivale, con una presenza massiccia soprattutto nelle periferie proletarie delle grandi conurbazioni metropolitane. Sono facilmente riconoscibili, anche in giovanissima età, per le generose forme fisiche strizzate da elastici indumenti sportivi, decorati da forti contrasti cromatici che spaziano dal nero a sgargianti colori quali il fuxia e il giallo fluorescente. Alcune di loro, dotate di arti inferiori simili a quelli dei pianoforti, esibiscono con disinvoltura indumenti a rete con “effetto insaccato” che ne valorizzano le già opime forme generali, mentre altre – in un tentativo forse di mimetizzazione difensiva – mutano a tal punto i propri comparti corporei, sino a creare un unica linea di contorno senza soluzione di continuità che ne nasconde strategicamente il punto vita.

Le culoidi si spostano in branco con movenze simili a quelle di bradipi sotto metadone, comunicando tra di loro tramite goffi gesti corporei e suoni gutturali, a causa della loro genetica incapacità nel saper distinguere quelle che sono le consonanti dalle vocali. Il tono di voce è generalmente alto, nel tentativo eterno di attirare attenzione, ma piò mutare improvvisamente in un sordo zabettamento biascicale, in caso si incontri un esemplare maschio o nel caso si attivino tattiche di guerriglia contro esemplari femmine di tribù avversarie.

Le culoidi sono particolarmente attente ad evitare carenze di cibo, soprattutto nei confronti dei cuccioli che anche in giovane età presentano precocemente abbondanti riserve alimentari per l’inverno. Non è raro vederle grufolare snack o cibi di quart’ordine a qualsiasi ora del giorno, anche in movimento.

In periodo estivo, le culoidi danno il via a fenomeni migratori chiamati “cazzeggi” che in afose giornate di luglio e agosto le portano a spostarsi in branco verso grandi agglomerati commerciali. Disposte tatticamente in orizzontale, sono efficaci nell’occupare l’intera corsia tramite una formazione “a rete” che consente loro un funzionale controllo del territorio

Dopo ore di appostamento e studi d’osservazione, gli studiosi hanno potuto risalire a cinque di quelli che si ritengono i più significativi fattori scatenanti di tale migrazione.
A – l’attrazione verso luoghi climatizzati.
B – il non avere un cazzo da fare durante il giorno.
C – l’incondizionata attrattiva verso beni di consumo totalmente inutili.
D – la facile reperibilità di insani alimenti a loro graditi.
E – il tentativo di attrarre un esemplare maschio della loro specie tramite vistose e folcloristiche tecniche tribali.

In alcuni casi, le culoidi possono essere accompagnate da un capobranco, anche se è più facile vederle pascolare alla ricerca di un maschio alternativo che ne faccia le veci.
Nel caso si noti la presenza di un maschio che in risposta ai richiami femminili, emetta il tipico rantolo a metà tra un rutto ed un singhiozzo, gli studiosi consigliano di non disturbare la specie, in quanto è molto probabile che un corteggiamento sia atto.

Diego.

FILM: Take Me Home

Da non confondere con Take Me Home TONIGHT, quasi omonima pellicola, sempre 2011/2012.
Commedia romantica davvero carina. Non è certo un filmone introspettivo da oscar, ma neanche quelle cagatine sdolcinate che ci si può aspettare. Racconta di un viaggio. Un viaggio coast to coast da New York alla California che da un pretesto porta i due protagonisti a guardare dentro loro stessi e a fare i conti con le bugie personali, coi sogni e con gli incubi da cui si scappa. Non mi sembra la solita fiaba dei “sogni che si avverano”, ma più che altro un sobrio e meno bucolico modo di fare dei bilanci, di prendere delle scelte e di fare anche i conti con ciò che si ha e con ciò che si può ottenere. Non ci sono baci e mielosità né drammi sfigaroli. Il clima e morbido e ci mostra qualche angolo in cui forse ci si può riconoscere.
Consigliato.

FILM: Vallanzasca, gli angeli del male

Ancora una volta mi trovo a pensare come Placido sia migliore come regista che come attore.
È un film questo che ha fatto molto discutere, ma che trovo bello ed efficace. Molti lamentano il focalizzarsi troppo sul personaggio e poco sulla Milano dei tempi. Io dico che raccontare una Milano in tempi di una complessa fase di transizione criminale (ai tempi ancora ben lontani dalle truci spietatezze di oggi) avrebbe meritato spazi e tempi a sé, non lasciando spazio invece al protagonisti.
Molte critiche anche alla recitazione in “falso milanese” di Rossi Stuart che io invece non ho trovato poi così terribile. Tipico “milanese” dei tempi, con pronunce e accenti forse oggi ridicoli, ma tipiche dell’epoca, non sostituibili certo dai “bella raga tutto rego” di oggi.

Placido offre un ritratto del personaggio, nella sua crescita di un criminale “atipico (non certo innocente), sempre apparso in qualche modo simpatico e con una gran capacità di affascinare, più che di terrorizzare. Questo ha fatto storcere il naso a molti, ma non prendiamoci in giro, è d’altronde questo l’effetto che il “Bel René” aveva su molti, ai tempi.
C’è la volontà nel film di entrare nella sua testa, di cercare di capire i meccanismi che lo hanno accompagnato durante la sua carriera criminale. Interessanti quei lati sempre poco sottolineati, come quei feroci tentativi di evasione che lo portavano anche a seviziarsi (nel film non vengono citati episodi come l’auto iniettarsi di urina per contrarre l’epatite), o i rapporti a volte ingenui ed infantili, che tanto deludevano ma affascinavano le donne.

C’è anche il ritratto di una criminalità diversa da quella di oggi, ma vissuta in periodo di cambiamento. Criminalità che iniziava ad essere violenta e che iniziava a sporcarsi pesantemente con la droga. Non ci sono giustificazioni, ma non si può non notare come a volte il piacere materiale, economico o sessuale, ottenuto anche con gesti efferati, era comunque cosa lontana e “d’altri tempi” rispetto al non senso criminale dei giorni nostri, basato su gangster che spendono la propria vita nei bunker, a volte motivati forse solo dal semplice e patologico truce piacere della sofferenza altrui, più che di godimenti propri.

È un film che consiglio.

FILM: ACAB All Cops Are Bastards

Altro film italiano. Anche in questo caso ero prevenuto, ma devo dire che mi è piaciuto.
Ho iniziato a vederlo perché mi sono piaciuti 5 min di preview visti sul corriere, dove ho apprezzato il ritmo del film che scorre molto bene.

Non è certo un film pro-sbirri fascistoidi, né un’acida critica da barboncello drogato da centro sociale. Mi sembra un esercizio che tenta di metterci nei panni degli altri, in maniera anche scomoda a volte. Più volte durante il film può capitare che in mente nasca la domanda “eehhh mica facile… e tu cosa faresti in quella situazione?”.

Il film ci presenta le ignoranze di pensiero destrorse, le intolleranze e le ideologie. Non ce le nasconde ma non le giustifica. Cerca invece di porre uno sguardo a cosa accade dentro quei caschi, perché non è questione di ideologie giuste o sbagliate, ma vere e proprie realtà sociali con cui – ci piaccia o meno –  dobbiamo fare i conti, soprattutto quando scopriamo che di fronte non abbiamo dei “privilegiati”, anzi…
C’è sicuramente il senso di qualcosa che nelle istituzioni non funzioni, come non funziona quella parte di critica aprioristica superficiale che vede i “cattivi delle forze dell’ordine” come la causa di molti mali e non, invece, un effetto. È un esercizio mentale troppo grosso forse per le grandi masse, e non vale solo per i temi trattati nel film.

Il film ha un buon ritmo. Non si perde, scorre bene ed è ben recitato. Favino è grandioso, ma non è il solo ad essere entrato nella parte. Un po’ di retorichetta italica c’è comunque, ma tutto sommato lo reputo un buon film che merita di essere visto.

Pelaz.

FILM: A Good Old Fashioned Orgy

Film divertentissimo che parla di un gruppo di amici soliti a spendere le vacanze nella casa estiva del protagonista, tra feste casinare che hanno fatto la storia del gruppo. Il padre di tale pirla decide però di mettere in vendita la casa e per celebrare la “fine di un era” in modo epico, decidono di “chiudere” in bellezza con un orgia.
Tutto ciò porterà alla luce le insicurezze, le insoddisfazioni, le immaturità e qualche “nodo da sciogliere” presente nelle vite dei nostri improvvisati erotomani amatoriali.

Io l’ho trovato davvero divertente e ne consiglio la visione! ;)
Pelaz.

 

Temporary internet files, and the winner is…

L’altro giorno ho pulito il pc ad una sciura… 10 GB di temp ed internet files. Pensavo avesse vinto ed invece, domenica sono andato a casa di Caccia: 30 GB! Mi son detto “no no, ha vinto lui”.
Oggi pomeriggio pulisco il pc dell’ufficio di un altro mio amico…

Oltre a quelli sopra citati, c’è un’altra manciata di Giga di dati prefetch, files shadow e registri obsoleti. In totale si sono superati gli 80 GB!!! Un record!

P.S. il suo pc era letteralmente inchiodato perché il disco C: era completamente pieno! 160GB di hd.

besancon – manosque, giro in bici in francia, alta provenza, giugno 2012

Alla fine abbiamo deciso di andare in Francia. Era iniziato tutto con l’idea di discendere in canoa il fiume Moldava, dal lago Lipno Dam (přehrada Lipno) attraverso Český Krumlov, České Budějovice e più a nord possibile. Le previsioni del tempo pessime ci hanno costretto a cercare mete alternative, tra cui: il Po, sempre in canoa, oppure la sardegna in bici. Con il nostro solito tempismo, lunedì sera scartiamo ogni ipotesi impossibile e restiamo con quella più sensata. La Francia dell’alta provenza ci riserverà ottime sorprese e tanta fatica!
Percorso ideale: da Briancon a Marsiglia, passando per il Verdon e i suoi canyon.

Martedì 12 Giugno 2012
Riccardo mi passa a prendere in auto martedì mattina, smontiamo le bici e le infiliamo nei posti posteriori, subito via verso la val di Susa. A Susa ci fermiamo per pranzare, con il salame che ho portato da Mirandola, e anche un chilo di formaggio grana terremotato (6 mesi di stagionatura) che ci fornirà spesso i grassi necessari per pedalare.
Arrivati a Briancon, lasciamo l’auto in un parcheggio e rimontiamo le bici. Un salto al supermercato per prendere un po’ di viveri e la crema solare, quindi si parte per la prima breve tappa verso sud.
Ci fermeremo verso ora di cena, alle 8, a seconda di quanto stanchi saremo. Questo è il proposito di base della vacanza, non abbiamo stabilito delle mete quotidiane, la mappa dettagliata ancora non l’abbiamo, solo il mio gps con le mappe della Francia: ci rimane quindi da navigare a vista, seguendo il percorso del fiume Durance.
Spesso ho pensato che seguendo un fiume da monte a valle si debba andare in discesa, purtroppo le strade che costeggiano i fiumi non sono sempre pensare per minimizzare la fatica dei ciclisti. Ci troviamo così già nei 30 km del primo giorno ad affrontare 300 m di salite, tanto per scaldarci!
Non c’è una vera e propria ciclabile, percorriamo a tratti la statale, per poi deviare sulla destra verso una strada secondaria con scarso traffico, tra i tornanti.
Passiamo per l’Argentiere, vediamo un po’ di gente che ha appena finito di fare canyoning e/o rafting, intuiamo che ci debbano essere già delle belle vie d’acqua. Un fornito negozio di articoli sportivi ci dà il numero di telefono di un paio di organizzatori di rafting, però non riusciamo ad organizzare una discesa, non c’è disponibilità almeno fino a venerdì, se ne riparlerà nel Verdon.
Arriviamo ad un campeggio su uno splendido laghetto, sotto una rocca, a La Roche de Rame.

lago a La Roche de Rame

Altro giro di salumi e formaggi e un risotto agli asparagi per rinfrancarci, poi dopo un rapido giro per il paesino deserto, ci ripariamo dal freddo dentro il ristorantino in riva al laghetto, a berci un calice di vino guardando una partita dell’europeo.

Mercoledì 13, giorno 2
Dopo una colazione con caffè solubile e biscotti, iniziamo il nostro tour verso il lago di Serre-Poncon. Ci fermiamo per un caffè vero al baretto, una pessima notizia al telefono ci rovina un po’ la giornata. Cerchiamo una strada non trafficata e finiamo in una via di servizio della ferrovia. Ad un certo punto siamo costretti a passare nel tunnel ferroviario, ma dopo un po’ di indecisione, decidiamo che la linea forse è ancora attiva e che prenderci un treno in fronte non ci piace, quindi torniamo indietro verso la statale.

lungo la ferrovia

lungo la ferrovia

Facciamo due chiacchere in mezzo italiano – mezzo francese con un signore anziano che a suo tempo ha macinato parecchia strada in bici, lo salutiamo allegri.
Troviamo una deviazione ciclabile che ci porta ad una splendida vista del lago, sulla strada che costeggia a nord, con la prima salita impegnativa, per poi goderci la discesa e attraversare il ponte verso la sponda sud. Vediamo i kate-surfers e wind-surfers nel lago che si divertono.

lago di Serre-Poncon

lago di Serre-Poncon

Dalla costa sud, a Savines le Lac proseguiamo verso un’altra salita che ci porta al punto panoramico di Le Sauze du Lac, poi un’altra divertente discesa fino all’estremo ovest del lago, da dove si risale sull’altra sponda, verso Saint Vincent, Un’ultimo sforzo ci permette di scollinare e arrivare al campeggo di Saint Jean. La reception è chiusa, ma mentre ci beviamo una birra contrattiamo lo stesso un posto per la notte, fredda e umida. Andiamo a dormire un po’ stanchi, forse per questo motivo non riordiniamo i viveri.
Saranno ormai le 6 del mattino, quando un picchiettio mi sveglia, esco malvolentieri dalla tenda per capire cosa succede e scopro un uccellaccio che sta mangiano i nostri viveri, il salame di Mirandola! Se lo acchiappo mi mangio il volatile con tutte le piume!

 

Giovedì 14, giorno 3
Ci alziamo un po’ infreddoliti e cerchiamo un angolo di sole per scaldarci. Affrontiamo la breve pianura di Seyne fino alla salita per la sella, vogliamo andare nella valle adiacente.
I cartelli per i ciclisti con la pendenza, anche del 13%, non sollevano certo il morale.

Col du Fanget

Scolliniamo al col du Fanget, 1459m, poi arriva il premio: quasi 40 km di discesa, senza toccare i pedali quasi fino a Dignes.
Attraversiamo un canyon stupendo, la valle si chiama “la vallee du Bes” (Bes presumo sia il fiume che vi scorre).
La strada si snoda tra gli stretti passaggi nella gola del fiume, a volte passando in brevi gallerie, sotto dei tetti di roccia, tra le montagne di origine metamorfica che mostrano le loro incredibili incurvature. Ad un attento esame si potrebbero notare altre meraviglie (questa zona è riserva geologica ). L’aspetto ricorda la strada panoramica di Tremosine, sul lago di Garda, oppure quella per Selvino (BG).

la vallee du Bes

Arriviamo a Dignes les Bains , capoluogo della provincia dell’alta provenza. Solo una breve sosta, nel centro alberato, poi una breve passeggiata per questa cittadina che ricorda un po’ quelle della provincia ligure, per le forme delle case e le strette vie. Proseguendo, passiamo per il bellissimo lido artificiale che è stato costruito accanto al fiume; peccato averlo visto tardi, avremmo gradito molto volentieri un bel bagno rinfrescante!
Finita la lunga discesa, ricominciamo a pedalare un po’ più seriamente, il punto più basso è a 540 m, a fine serata arriveremo a 1000 per poi riscendere!
Dopo le meraviglie del canyon precedente, la giornata ci sembra molto meno ricca di emozioni. Per carità, la campagna è bellissima, ma niente di paragonabile alle viste precedenti. Fatichiamo sotto il solleone del pomeriggio, fino a Moriez, dove sotto un platano ci rifocilliamo con le ultime brioches prima della salita finale, che ci porterà finalmente a vedere il lago del verdon, Lac de Castillion, dalla sua località più a nord, Saint Andrè les Alpes.
La fatica si fa sentire, invece di un campeggio ci attira molto di più la chambre d’hotes (b&b) che sembra chiamarci come le sirene i marinai.

chambre d’hotes, Saint Andrè les Alpes

Sarà un’ottima scelta, signori simpatici, posto molto curato, un giardino con le mangiatoie per gli uccelli e i roseti, con colazione a 25€ a testa! Quasi come il campeggio! La signora in una lingua franca (mai parola fu così appropriata) ci consiglia di cenare nel bar centrale, che si rivela frequentato sia dagli avventori di paese sia dai pochi turisti inglesi, qui probabilmente per lo sport del luogo, il parapendio, di cui il paese ospita i mondiali 2012.

Venerdì 15, giorno 4
Dormire in un letto fa un gran bene ogni tanto! Ci svegliamo riposati e la colazione abbondante dei nostri ospiti ci mette di buon umore. Salutiamo la gentile coppia e ci prepariamo alla tappa del Verdon.
Percorriamo le sponde del Lac de Castillion, bacino artificiale formato dalla diga ominima, che alimenta il Verdon e anche d’estate, grazie all’apertura periodica delle chiuse, permette varie attività acquatiche, canyoning, rafting ecc. Incontriamo sul percorso vari studiosi o appassionati di geologia, con i martelletti e quaderni, in questa che è riserva geologica.

Lac de Castillion

Alla diga, parliamo con una coppia olandese che è in vacanza per due settimane, camper e bici al seguito. Foto di rito sulla diga e sulle acque color smeraldo del lago. Ci sono stato l’ultima volta nel 1997 ma mi sembra ieri.
Arriviamo in discesa fino alla splendida cittadina di Castellane, anche questa nei miei ricordi, dove ci rinfreschiamo con una birra, della frutta e dei panini. Veloce riposino nel parco sotto la rocca (dolmen of Pierres Blanches) e si riparte alla volta del Verdon.

Castellane

Costeggiamo per un po’ il fiume, fino a dove la strada si biforca, dobbiamo scegliere tra il lato destro (nord) e quello sinistro (sud). Durante una veloce sosta per rinfrescare i piedi nel fiume, decidiamo di andare verso sinistra.
Ci allontaniamo allora un po’ dal fiume e andiamo verso Trigance, paese medioevale su di una rocca. Qui inizia una impegnativa salita che ci porta dal livello più basso di oggi, circa 650m, a 1027m. Vediamo finalmente il cartello “gorges du verdon”.
Da qui inizia il paesaggio più bello della vacanza.

Trigance

La discesa verso le gorges è caratterizzata dalla vista sullo spettacolare canyon, il fiume scorre circa 700 m sotto di noi, alcuni dei punti panoramici sono tra i più fotografati della zona dell’alta provenza, la terrazza panoramica sul gomito del verdon, il ponte ad arco, difficile per chi soffre di vertigini, le terrazze in galleria.

pont de Chaulière

galleria

verdon

Incontriamo un cicloturista tedesco di Erding (Monaco), Martin, che con la sua tecnicissima bici ha quasi finito la sua vacanza di 3 settimane dall’atlantico al mediterraneo. Ci annuncia che ci toccano ancora 300m di salita (saranno quasi 500, da 800 a 1274m di quota) prima di arrivare alla discesa per il lago artificial Sainte-Croix-du-Verdon (Lac de Sainte-Croix).
Arriviamo molto provati al campeggio “camping de l’aigle“, dove dopo cena io provo a distinguere le costellazioni in una stellata da sogno, mentre rik si abbiocca pesantemente !

Sabato 16, giorno 5
Ci svegliamo riposati dalla notte in tenda, il clima mite stavolta ci permette di dormire di gusto. Prendiamo un caffè al bar del campeggio, dove conosciamo una turista francese che ci chiede consigli sulle camminate del Verdon, la coraggiosa vuole andarci in solitario!
Partiamo ma subito ci fermiamo al paese di Aiguines a prendere dei croissant. Proseguiamo in discesa verso le rive del lago de Sainte-Croix, fino alla foce del verdon, che è davvero splendida. Dal ponte sul fiume, ammiriamo le sue acque smeraldo e una vista spettacolare sulla parte finale del canyon.
La salita successiva sarà abbastanza impegnativa, non tanto lunga come dislivello ma con pendenze anche del 13%. Intervalliamo la fatica con una sosta al paese di Moustiers Sainte Marie, che è un bellissimo borgo medievale, oggi che è sabato è preso d’assalto dai turisti. Le sue vie mi ricordano un po’ i paesi del lago di garda, soprattutto Malcesine. Consiglio vivamente una visita al borgo!

Moustiers Sainte-Marie

Tornati in sella, scolliniamo, incrociando altri cicloturisti fully loaded. Il viaggio scorre poi attraverso i campi di lavanda, di papaveri e di grano, con i loro profumi e i colori viola rosso e oro che sono caratteristici della alta provenza. Negli occhi abbiamo ancora i ricordi del verdon, non godiamo appieno della bellezza che ci si para davanti.
Una veloce sosta pranzo al borgo di origine romana di Riez, con la sua caratteristica pianta a croce e le mura, e poi un’altra per una birra e una puciata di piedi rinfrescante nella fontana di Allemagne en Provence.

Allemagne en Provence

Sempre circondati dai campi in fiore, giungiamo alla fine della valle, per girare in direzione nord ovest verso Manosque, che è il punto più comodo per prendere il treno per tornare a Briancon. Arriviamo verso le 18 al campeggio municipale della città, e lasciamo le bici per una passeggiata nel centro. Inaspettatamente, la città si rivela molto bella, un altro borgo medievale con le mura e le porte dell’epoca, anche se alcune sono ricostruite in epoca recente. Le sue piazzette e strade strette ricordano un po’ le città marocchine o il centro di genova. Ceniamo in un ristorantino di una donna algerina che ci cucina un ottimo cous-cous, poi una birra di festeggiamento nella brasserie del centro dove tutti fanno baldoria. Davvero un gioiellino di città, peccato per il parcheggio selvaggio!

All good things come to an end, diceva il proverbio, forse per questo sono più belle, devo dire che questo giro improvvisato si è rivelato molto gradevole, faticoso ma mi ha lasciato sensazioni che voglio ricordare a lungo. Grazie all’amico di avventure Rik, sempre disponibile alle zingarate e fido compagno di viaggi!
Alla prossima!

Manosque stazione

 

selezione delle foto: http://www.gambaraalcoolica.it/gallery3/index.php/Bici-Francia-e-Verdon-2012

tracciato dettagliato, dal gps: http://goo.gl/maps/nGXG

mirandola

Mizzio mi coinvogle in una bella iniziativa di Informatici senza Frontiere: andare a Mirandola e comuni limitrofi a sistemare i pc, gli uffici comunali, i telefoni, delle zone terremotate.
Complimenti alla protezione civile che ha dimostrato un’ottima organizzazione, i dipendenti comunali e le forze dell’ordine che si sono prodigate dimostrando una grande efficienza.

sul blog di informatici senza frontiere altri pensieri dei volontari: https://sites.google.com/a/informaticisenzafrontiere.org/emilia/blog

il bloster e il crick

finalmente ho capito la leggenda del famoso crick della 500 per aprire i bloster

la bici a fianco alla mia aveva uno strano bloster, da una prima occhiata. Poi ho notato che c’era un crick innestato in mezzo, lasciato da un probabile ladro forse disturbato (mai abbastanza) durante la manovra.

porta genova