Foto da Edimburgo…

Alcune foto da Edimburgo:

FILM: Source Code

Il film ruota attorno alle vicende di un soldato che “inviato” su un treno deve capire chi è il terrorista che lo farà saltare. Attenzione: il treno è già stato fatto esplodere e le persone sono già morte. Non vi sto dicendo nulla, si parla di presente passato e futuro, ma il tutto legato in modo relativamente credibile.
È un film meno banale di quello che ci si può aspettare. Pochissimi effetti speciali poiché la scena è dedicata al contesto emotivo che la pellicola ci regala. Dilemmi tra il sapere se è possibile modificare il futuro tramite le azioni nel passato, e l’eterna lotte tra il cinismo militare e l’emotività sentimentale. Ripeto, film però meno banale di quel che ci si può aspettare.
Il cast lavora ottimamente e i ritmi sono buoni. Essendo “girato” sempre negli stessi contesti, mi aspettavo un passo “pesante” nello scorrere del film, ma anche in questo caso sono stato smentito.
Consigliato.

Tratta finale: Francoforte Linate.

Come precedentemente scritto, l’aeroporto di Francoforte è un casino. Non ne conosco le ragioni ma mi ritornano in mente le parole del CPT che in avvicinamento si scusava per i ritardi causati dalle autorità aeroportuali di EDDF. Nell’attesa vengo intercettato da un’asiatica che come un 104 in scramble mi blocca per farmi “pescare” un biglietto “foL fLee” – cioè “gLatuito” – di una marca promozionale di non so cosa. Sono fortunato e da coupon ricevo dalla cinesina l’ordine di andare al dutyfree Heinemann per ritirare il mio pLemio. Due babbonatalini di cioccolato. Buoni…!

Per andare al Gate B-16 sono costretto ad effettuare ben QUATTRO controlli, da personale che in volto ha la stessa espressione di un pendolare che ha perso l’unico treno in una mattinata con sciopero dei mezzi. Al primo di questi, una ragazza della security – a metà tra la signorina Rottermeier e una squillo di Max Mosley – urla qualcosa in tedesco ai suoi colleghi che bloccano uno dei controlli. Grazie ad un tedesco presente con impermeabile da Ispettore Derrik, riesco a sapere che facendo il giro del terminal posso eseguire i controlli dalla parte opposta non bloccata da problemi di sicurezza. Dopo qualche minuto riusciamo a portarci all’imbarco dove ancora una volta ci chiedono Carta d’identità e carta d’imbarco. Saliamo sul pulmino dove la presenza di italiani di rileva dalla quantità di persone al cellulare e ci godiamo il lungo tour panoramico dell’apron dove posso notare come la pioggia di MD-11 e quella di Jumbo è sostituita da una vera e propria grandinata di 777 di ogni colore. In mezzo ai vari A319 spunta il nostro bel 737. Saliamo e ci accomodiamo, dopo aver preso Gazzetta Repubblica e Corriere. Aspettiamo parecchio a causa anche di alcuni ritardatari (non solo italiani ammettiamo questa volta) che non solo obbligano il nostro boeinghino ad aspettare coi l’APU accesa per ben oltre 30 minuti, ma decidono di rompere davvero i cojotes nella ricerca di posti liberi, in un volo dove per altro i posti sono assegnati.

Il 737 si mette in taxi. A me piace di più. I posti sono leggermente più stretti ma gli oblò più grandi e Fanno di Diego un ragazzo felice. Beccheggio e rollio poi, sul 737 li ritengo molto più confortevoli di quelli “gommosi” della famiglia “320”, ma di contro la rumorosità è di gran lunga più alta (parlo del “classic”). Più che i motori è il fruscio dell’aria che rende quasi arduo capire cosa dice il pilota dall’interfono.
Visto il dirigerci verso sud, mi aspetto la pista 18 (che mi hanno sempre dato i controllori di IVAO per la stessa tratta) ed infatti dopo aver visto sfilare sulla nostra destra l’apron cargo “November”, vedo il punto attesa della 18 sul raccordo N. Decolliamo senza fionda, ma in modo “normale” dopodiché il nostro 737 stacca le ruote e si dirige a sud senza virata, con tutta probabilità sulla SID che porta dritti sul punto di riporto ANEKI.

All’esterno solo buio e nonostante il CPT ci consiglia di tenere le cinture allacciate per probabile turbolenza, il volo procede liscio, ad eccezione di qualche sobbalzo lieve e sporadico. Le hostess, [maiale]tra cui una milf davvero notevole[/maiale], iniziano la loro coreografia coordinata per il servizio di bordo, mentre leggendo i quotidiani in omaggio, mi deprimo per la qualità giornalistica italiana. Il viaggio mi culla e mi rilassa tanto da percepire un inizio di abbiocco sino all’inizio della discesa che il nostro “porcellino” effettua in modo un po’ “sportivo”. Inizio a vedere chiaramente le luci urbane che in modo arancione ricordano il disegno di terminazioni nervose elettriche. Ancora una volta le alpi fanno da scudo e il “primo” nord-Italia è ben sgombro da nubi. Riesco chiaramente a vedere Malpensa alla nostra destra, con entrambi i suoi terminal e il calvert della 35 sinistra, mentre scendiamo per la radiale 196 del VOR di Saronno. Non sendo l’aereo decelerare con l’accensione delle landing light e presumo il nostro aver ricevuto un “no restriction speed” dall’ATC. Le mie impressioni trovano conferma con l’apertura degli aerofreni che vengono estesi per quasi tutto il nostro lontano “sottovento” (vento in coda?), prima del viratone a sinistra. Ho come lì impressione che oggi non ci siano vettori ma la procedura viene fatta tutta. Poco prima del viratone che a sinistra ci porta ad intercettare la radiale di Voghera, la visibilità cambia e noto dall’alto un’estesa copertura di nebbia che copre tutto il paesaggio. L’effetto è molto suggestivo poiché, come fosse un foglio di carta velina sottile, da sotto traspaiono aloni della luminosità artificiale urbana, rendendo il tutto simile ad esotiche ombre cinesi asiatiche.
In finale riesco a scorgere le tangenziali e i vialoni milanesi immersi in una spessa coltre nebbiosa (chissà le madonne di Seba che ci è venuto a prendere) ma l’effetto gotico mi piace. Tocchiamo molto dolcemente e dopo aver liberato sul raccordo G, ci dirigiamo al finger 1 sfilando i vari Embraerini Alitalia sulla nostra destra.

Il volo purtroppo è finito. Fortunatamente non sono a Malpensa e non devo aspettare mezz’ora per il bagaglio che arriva quasi istantaneamente. Mi guardo indietro e porgo gli ultimi sguardi di un “gioco” ormai finito… torno a casa.
Nota negativa: dopo aver passato quattro giorni ad Ediburgo tra forti folate di vento marino, la prima cosa che noto è la puzza di un aria inquinata e stantia. Aahhh cara Milan… te sé cunsciada propri mal…!

Alla prossima,
Diego!

Ritorno. Edimburgo Linate, con scalo a Francoforte.

Giornata piovosa con raffiche di vento tali che la pioggia assume direzioni che sfidano la leggi gravitazionali. Il viaggio in aeroporto lo effettuiamo a bordo di un duble-decker guidato in modo tale da confermare la fama pazzerella degli autisti britannici. I “pulmoni” procedono agili e veloci, a pochi centimetri tra di loro senza toccarsi tra le strette corsie che delimitate da birilli e dissuasori di plastica, affiancano lavori stradali e le delimitazioni urbane di queste strade neogotiche. La mente mi riporta ad un ipotetico scenario simile in contesto italiano e virtualmente davanti ai miei occhi vedo due pulman ribaltati, vigili che non sanno dove smistare il traffico, gente che impreca in vernacolo provinciale e un leoncavallino che raccoglie firme per il comitato “no-pulman-ribaltato”.
Arriviamo al piccolo ed accogliente aeroporto di Edimburgo, dove mangiamo qualcosa prima di trovare due comode poltrone “vista 320” che conciliano un po’ troppo il sonno, soprattutto dopo una serata di saluto alcoolicamente “decorata” da IPA e Talisker.

Arrivati all’orario d’imbarco previsto, ci dirigiamo verso il gate numero 4, dove una simpatica sciura scozzese – visibilmente gasata ogni qualvolta col microfono effettua le chiamate con l’interfono – attira la nostra attenzione poiché a causa di una coda di cavallo alta, il cappello a tesa che indossa assume un’inclinazione frontale alla Jigen, tanto da obbligarla ad acrobazie cervicali per poter guardare in avanti.
Ci imbarchiamo. Saliamo sul nostro A319 con qualche minuto di ritardo e dalla finestra del finger noto il V2500 girare molto velocemente per windmilling. Sembra già in moto. Il volo è pieno e anche in questo caso proprio non mi lamento (… e due!). Un’educatissima e deliziosa morettina si alza per lasciarmi prendere il mio posto lato-finestrino, mentre “Cits” –seduto esattamente dietro – si trova a fianco due scozzesone così chiacchierone da far impallidire due comari alla Vucciria di Palermo. Mi giro, guardo l’espressione di Max e mi metto a ridere come un pirla. La morettina mi guarda e sorride. Non posso farci niente… 🙂

Béh, la ground crew aggancia l’Airbussino, inizio pushback, messa in moto, trick e track, bella lì e batti il cinque… iniziamo il rullaggio sull’uggiosa taxi way “Alpha” per pista 24. Ci fermiamo qualche secondo per la clearence dopodiché il 319 esegue una partenza a “fionda” come quella del 737 a Linate. Saliamo e ci inoltriamo nella foschia. Saliamo dentro la coltre nuvolosa senza particolari turbolenze aspettandomi di vedere il sole spuntare da un momento all’altro, ma diversamente da ciò che vidi giorni fa, lo strato di “cotone” ci accompagna spesso sino al livello di crociera. Una volta livellati dobbiamo aspettare qualche minuto prima che la nostra stella ci accarezzi tramite il finestrino. Le nubi sulla Scozia sono belle spesse. Il sole inizia ad’infastidire la morettina che ho a fianco che timidamente si copre gli occhi con una mano senza proferir parola e continuando nella sua lettura. Noto tutto ciò e chiudo parzialmente l’oblò facendo un po’ il “provolone” togliendole il sole diretto dal viso, ma rischiando di smontare mezza carlinga visto l’aver trovato l’unico parasole incastrato. Lei mi ringrazia sorridendo e arrossendo.
Nel mentre, due Hostess iniziavano il servizio di bordo in modo… TEDESCO! La prima delle due mi salta a pié pari tanto da indurmi a pensare che gli sto letteralmente sulle palle, ma dopo qualche minuto di osservazione noto il loro servire “a scacchiera” in modo alternato, una fila sì e una no… non voglio farmi altre domande perché al sol pensiero ho un’emicrania in anticamera.

Iniziamo la discesa mentre il sole inizia a tramontare dipingendo su tutto l’orizzonte, una cintura color magenta che passando per il giallo si fonde nel blu verdastro del cielo all’imbrunire, con ai piedi il fitto “materasso” nuvoloso che ora si tinge di blu violaceo e sfuma in lontananza. Ancora una volta lo strato di nubi sul nord Europa copre tutto il suolo sino a vista d’occhio, ma in avvicinamento però qualcosa cambia e tramite qualche sporadico squarcio tra le nubi, la nera terra in ombra marca la sua presenza con qualche luce urbana ambrata. In questo “piumone meteorologico”, un grosso squarcio mi consente di vedere nitidamente le due piste e il piazzale dell’aeroporto di Dusseldorf, le luci della città poco distante e il Reno che come un boa enorme si stende in modo ondulatorio sulle terre tedesche. Lo spettacolo però dura poco. Sulla nacella vedo riflettere le landing light, sento l’aereo in idle rallentare mentre l’avvisatore acustico precede il segnale luminoso delle cinture di sicurezza. Con molta probabilità questo è il nostro raggiungere i “diecimila” e sotto di noi la coltre nuvolosa si è infittita di nuovo. Scendiamo senza turbolenza alcuna e alla toccata un po’ “durella” sulla 25L segue una frenata molto vigorosa che ferma il nostro A319 in poco spazio. Vacata la pista, come di consueto, il taxi è lungo e dopo aver aspettato un A380 in decollo che decollava con annesso amministratore di condominio a bordo, ci dirigiamo verso il terminal 1-B attraversando una vera e propria secchiata di MD-11 Lufthansa Cargo.

Arrivati nel terminal, notiamo un “Francoforte” un po’ “in palla”,che ci obbliga ad effettuare più volte – sia in entrata che in uscita – i controlli, guidati da una security germanica simpatica ed affabile quanto una zitella con la gastrite. Mentre gli altri passeggeri scappano per le loro coincidenze per Vienna ed Amburgo, noi ce la prendiamo comoda. Abbiamo tempo, ci facciamo pretzel e birra e chiacchieriamo sui giorni appena trascorsi.

To be continued…

Diario di bordo parte seconda.

Tra qualche chiacchiera e un paio di pretzel acquistati da uno degli orefici presenti in aerostazione, il tempo vola. Siamo prossimi all’imbarco e ci portiamo verso il check del boarding, dove con sconcerto noto in fila un passeggero in ciabatte!!! Non ho voluto approfondire…
A destra oltre le vetrate un Jumbo della Thay è in bella vista con l’APU accesa, mentre un paio di tedeschi con l’aria severa ci scrutano da capo a piedi prima di “spedirci” dentro al finger.

Saliamo sola il nostro airbussino. La differenza generazionale si vede, soprattutto in quei pochi centimetri in più di differenza che lasciano “respirare” meglio le spalle, soprattutto se si è seduti “vista finestrino”.
Per il decollo ci danno la 25C ma preceduti da A340 di compagnia, dobbiamo aspettare qualche minuto per separazione. L’aereo è un po’ più carico rispetto all’andata, ma vista la tedesca che mi trovo a sinistra proprio non mi lamento. L’aereo è un po’ più pesante e la corsa ovviamente più lunga. In contrapposizione al maggior spazio in cabina, la rotazione (così come la virata) la trovo meno confortevole rispetto al 737. Saliamo in alto e in poco tempo buchiamo le nuvole, dove ritroviamo un sole splendente che ci accompagnerà sino alle coste scozzesi. Le belle coste olandesi invece non riusciamo a vederle, perché ancora una volta, una fitta e vasta coltre bianca copre tutto, da Francoforte sino alle coste scozzesi, negandoci la visione del Mare Del Nord. In crociera il pilota ci chiede di tenere allacciate le cinture causa probabile turbolenza.

Il viaggio procede liscio come l’olio, senza turbolenza alcuna e in avvicinamento alcune “finestre” tra le nubi ci regalano la visione delle sempre suggestive terre nordiche. Anche in questo caso le nubi sono passe e scorrono velocemente a vista d’occhio. Sin dall’alto si notano le “ochette” che caratterizzano un mare piuttosto “arrabbiato”. Tutto ciò è da anticamera ai venti e alle turbolenze che ci accolgono tutt’o ad un tratto in finale ad Edimburgo. L’avvicinamento più “turbolento” a mia memoria è sempre stato quello a Philadelphia su A330, ma quello di oggi si prende di diritto il primo posto. Non ho MAI vissuto un avvicinamento così turbolento. MAI! Il piccolo airbussino incassa sberle di vento che lo scarrocciavano lateralmente come una foglia secca e la cosa che più mi impressiona (e da un certo punto di vista diverte) sono le imbardate sull’asse verticale. La “pinna” del “Baby Airbus” gira come una banderuola, ma incassava bene e continua imperterrito il suo avvicinamento. La diminuzione di altitudine è inversamente proporzionale all’aumento di turbolenza e gli “scarrocciamenti” sono tali da rendermi quasi certo di una toccata un po’ dura o di un Go-Around. Il 319 e il suo pilota invece smentiscono le mie previsioni, toccando il suolo in modo sorprendentemente dolce. Ottimo lavoro, davvero!!!

Usciti dall’aeroporto Edimburgo ci accoglie con forti sferzate di vento, ma con una temperatura meno rigida di quanto mi aspettassi. I ricordi di questa splendida città hanno il sopravvento, e sono così vividi da credere di non essermene mai andato. Si potrebbe dire moltissimo di questa città semplicemente FAVOLOSA, ma questa è un’altra storia e meriterebbe un capitolo a parte.
Lascio l’aeroporto. Lo ritroverò martedì per il ritorno.
Ciao,
Diego.

Da Milano ad Edimburgo con scalo a Francoforte.

Diario di bordo del pelato.
Partenza all’alba da Milano Linate. Il viaggio verso l’aeroporto lo facciamo in IMC causa “nebbiadellamadonna” che a malapena ci permette di vedere il guardrail in tangenziale. Presto, prestissimo… alle 5:15 circa arriviamo in aeroporto in Categoria III e prepariamo subito il bagaglio da imbarcare in stiva con successivo caffé di rinforzo che a quest’ora diventa un dovere quasi più morale che fisico. Cerchiamo di avvicinarci ai controlli ma dobbiamo fare lo slalom tra i trolleys lasciati a terra di traverso con non curanza dai numerosi sud-est-asiatici presenti in aerostazione. Li saltiamo e scansiamo come neanche Lara Croft in Tomb Rider sarebbe riuscita a fare, mettendoci poi in coda ai controlli, non senza difficoltà vista la distrazione data da cicognone bionde che come un “calvert” riportano agli stand di Air Baltic.
È proprio presto, e ciò lo si denota anche dalla lucidità di alcune persone in coda, soprattutto di una signorina che ha impiegato qualche minuto buono per capire da che lato sfilare la propria cintura.
Terminati i controlli ci dirigiamo verso l’A-20 e con mia sorpresa noto che ad aspettarci non c’è uno “scontato” 319, ma con un buon veccchio 737 “classic”, sempre più raro nel panorama europeo. Noto come faccia sempre la sua “porca figura” attaccato al finger di Linate e come per assonanza cromatica ricordi i 737 di AirOne che si vedevano un tempo.

Il tempo di attesa è breve, ci imbarchiamo velocemente nonostante una nigeriana cerchi invano di convincere l’addetta al boarding che le tre grosse borse che si trascina dietro sono entrambe “comprese” nel suo “bagaglio a mano”.
Come da lufthansiana consuetudine prima della L1 door troviamo lo stand con una mezza dozzina di quotidiani disponibili. Ci accomodiamo, ascoltiamo gli avvisi di cabina e iniziamo il rullaggio.
Il piccolo di casa Boeing sul raccordo Delta – prima di immetterci sulla taxi way T – spegne le luci interne, accende le Wing light e si ferma per un De-Ice. Al termine continuiamo, ci allineiamo sulla 36 e nonostante ci siamo leggeri per i pochi pax a bordo e la temperatura sia bassa, il PIC porta le manette in TO/GA prima del rilascio dei freni, con successiva partenza a “fionda” che mi diverte parecchio. Saliamo agili e veloce, mentre ad est sfumature arancioni e verdastre si fondono nel blu scuro notturno preannunciando la nascita del sole.

Un volta passato il VOR di Trezzo siamo già belli alti, e mentre iniziamo la virata a sinistra, il cielo ci regala un morbido abbraccio arancione, mentre il suolo nero carbone sfuma all’orizzonte, delimitato dal patchwork luminoso della conurbazione bergamasca. Il cielo è terso e limpido, ma oltre le Alpi il discorso è ben diverso. In crociera il cielo si fa sempre più chiaro, e si tinge di una rilassante doratura mattiniera, mentre procediamo alti, cullati da una leggera turbolenza e dalla colazione servita dal personale di cabina.
Oltre la cintura montuosa che tanto tiene al caldo i padani, una bassa copertura nuvolosa, copre tutta la terra svizzera e tedesca a vista d’occhio, come un vastissimo e continuo materasso di cotone bianco che nasconde ogni centimetro di terra.
Il ceiling è molto basso e in discesa riusciamo a bucare le nuvole solo una volta in finale. Mi aspettavo turbolenza attraversando le nubi, vista la prossimità di cumulonembi che a nord-est del campo iniziavano a “pompare” verso l’alto, ed invece il “porcellino” passa attraverso liscio e tranquillo senza alcun problema.
Dopo il contatto, il rullaggio a Francoforte – come di consueto – è lungo e come un bambino ne approfitto per guardarmi un po’ di aeroplanini. Oltre all’esercito Lufthansa presente sull’aerodromo, salta all’occhio l’importante presenza di United. Sul corto raggio il piazzale è quasi completamente monopolizzato da macchine di Tolosa, mentre sul lungo raggio, ad eccezione di qualche 340 Lufthansa, a farla da padrona è il costruttore americano, con una vera e propria pioggia di Jumbo, (se ne scorgono sempre almeno due o tre sempre in rullaggi, soprattutto Lufthansa e United), 777 (United e Malysian) e 767 (United again, Air Canada e Condor).
Una volta entrati in aerostazione non resta che aspettare la coincidenza per Edimburgo. Mi trovo un bel posto isolato e tranquillo vista Jumbo (stand A-15, 744 United), attacco l’alimentatore del pc alla presa e inizio a scrivere…
To be continued…

FILM: He’s Just Not That Into You

Commedia romantica e molto divertente del 2009.
Il film è incentrato sull’ingenuità della simpatica Gigi (interpretata dalla brava Ginnifer Goodwin) su cui poi si basa il pensiero principe della pellicola, ovvero come le donne sin da piccole vengono abituate a credere che se un uomo le tratta male in fondo è innamorato di loro, portandole di conseguenza a vivere una serie di equivoci, di auto-convinzioni e surreali riscontri emotivi che si scontrano poi con la razionalità maschile basata sul semplice principio che (come da titolo) “se non ti chiama è perché semplicemente tu non gli piaci abbastanza”. La nostra protagonista, come un perno centrale, lega le vicende di personaggi intrecciati tra loro che vivono contesti sentimentali turbolenti. Affronterà un percorso che le consentirà di capire qual è la regola è qual è l’eccezione. Ovvero… una donna che vive assurdità relazionali e poi trova l’amore della sua vita è la conferma della regola a cui sono sempre state abituate a credere, o è l’eccezione? è sempre vero in un mondo cinico che si è trattate male da chi in fondo non è realmente innamorato?
Béh Gigi lo scoprirà da sola in questo divertente film che riesce a regalare molti sorrisi.

Il cast è pregevole e lavora molto bene: Ginnifer Goodwin, Jennifer Aniston, Jennifer Connelly, Drew Barrymore, Scarlett Johansson, Ben Affleck, Bradley Cooper, Kevin Connolly, Justin Long… sono sicuramente una garanzia.

Consigliato. 🙂