Tappa 5: San Valentino alla Muta (BZ) (1450 m s.l.m.) – Cinuos Chel (CH) (1650 m s.l.m.). Distanza 85 km.
Anche oggi sveglia alle 7, dopo una notte in cui la pioggia ha raffreddato il clima. Sbuchiamo dalla tenda per trovarci in un surreale scenario tipo “benvenuti a Twin Peaks”, con freddo, tutto umido, pini e un sole pallido che fatica a bucare la coltre di nebbia a banchi. Sbaracchiamo il campo. Colazione, subito, presto! Ma in Tirolo, fanno gli spocchiosi e il classico caffè del mattino al bar non esiste da nessuna parte, o perché i bar sono chiusi (macheccazz…) o perché gli alberghi non lo servono. Dominic, voce della verità, commenta con un categorico “they don’t like Italians, do they?”. Come dargli torto? Ci prendiamo anche un rimprovero da un indigeno perché avevamo appoggiato le bici al muro scalcinato del suo albergo. Vabbè!!!
Pedaliamo senza caffeina con molto disturbo finché, costeggiando il lago Resia, giungiamo al famoso campanile sommerso. In maniera molto lungimirante, quando hanno creato l’invaso artificialmente (eh sì, c’è una diga anche qui) non hanno abbattuto proprio tutto il villaggio di Curon. Tenendo in piedi il campanile hanno creato un punto turistico molto suggestivo a costo zero. Diceva un vecchio saggio (Cits): “avevano quasi fatto un bel lavoro … gli è avanzato il campanile!”.
Terminato il lago, affrontiamo il passo Resia a 1504 ms.l.m. senza effettivamente accorgercene date le pendenze molto dolci, fatto sta che improvvisamente inizia una discesina che si apre sulla vallata tirolese che porta verso l’Austria. La giornata soleggiata e il declivio ci permettono di godere appieno del bel paesaggio alpino dove le caprette fanno ciao. Al grido di “siamo migranti!!!!”, attraversiamo il confine con l’Austria in corsia preferenziale per bici e pure in discesa, tiè. Arriviamo a Nauders, e prendiamo le indicazioni per St. Moritz, dove una salitina ci porta ad attraversare un ulteriore spartiacque (passo Martina) che ci porta nel bacino del Danubio, e precisamente nella valle dell’Inn, ovvero Engadina. Una splendida discesa ci porta ad un’altra dogana, quella di Martina fra Svizzera e Austria.
Siamo nel cantone dei Grigioni e mi sento più a casa che in Sudtirolo. Abbiamo perso un bel po’ di quota e siamo ora a 1035 metri. Ora si costeggia l’Inn che scorre impetuoso e carico per via dello scioglimento delle nevi a volte fra dirupi, a volte in fitti boschi. Sosta cibo a Scuol, con il buon Dominic che ci offre dei caffè in quanto ora siamo nel suo Paese e noi siamo gli ospiti. Ripartiamo che si mette a piovere, ma con un discreto culo, riusciamo a pedalare sufficientemente veloci da lasciarci l’acqua alle spalle e ritrovare spiragli di sole. Con salite e discese arriviamo a Zernez, dove Dominic ci saluta per prendere il treno e ritornare a Basilea. Lasciato un cicloturista ne troviamo un altro, un tedesco che da Monaco di Baviera è diretto a Nizza. Come dice un vecchio saggio (Cits): “se pensi che tu stia facendo qualcosa di fuori dall’ordinario, c’è sempre qualcuno più pazzo di te”.
È ancora presto e abbiamo ancora le gambe per andare oltre, sappiamo ci sono dei campeggi sulla strada e non sarebbe male portarsi avanti. Rinforchiamo i velocipedi e lesti lesti andiamo avanti. Si mette a piovere con il vento sfavorevole e abbiamo già fatto almeno 2/3 km in salita che per la legge del risparmio energetico non è proprio il caso di sprecare tornando indietro. Bagnati e infreddoliti, arriviamo a Cinuos Chel in un campeggio molto basic sotto un’incessante pioggia. Almeno le docce sono calde.
Ad un orario tipicamente svizzero, le sette meno un quarto, andiamo a mangiare. Ma bisogna tornare al paesello, distante un kilometro. Chiediamo il passaggio ad una coppia di ticinesi di Montagnola, praticamente vicini di casa, che ci lasciano davanti al ristorante. Dentro ci sediamo al tavolo con un ragazzo di Bergamo che parlava in bergamasco con lo svizzerissimo titolare, bestemmie intercalanti incluse. Che strano quadretto. Mangiamo i tradizionali capuns (da provare nella vita) e delle ottime zuppe scalda ossa, mentre il titolare ci intratteneva mostrandoci la raccolta fotografica di sette anni di caccia con la famiglia in cui ha sterminato la fauna alpina.
Era estasiato da quei ricordi di caccia e dai bei momenti passati con la compagnia del testosterone finché, notando una foto di una bella spiaggia marittima, gli chiediamo di spiegarci. “Eh, questo è mio figlio che un giorno ha detto: papà basta con la caccia. Ma come non ti piace stare qui in baita in 18 maschi a fare le battute e cacciare i cervi? No, questo è il mio ultimo giorno, domani me ne vado. Poi la sera dopo mi manda questa foto dal mare, io penso abbia trovato una qualche donna o cose così. Secondo me ha solo cambiato tipo di caccia”.
Date una medaglia a quest’uomo.
by Fabio