Diario di bordo parte seconda.

Tra qualche chiacchiera e un paio di pretzel acquistati da uno degli orefici presenti in aerostazione, il tempo vola. Siamo prossimi all’imbarco e ci portiamo verso il check del boarding, dove con sconcerto noto in fila un passeggero in ciabatte!!! Non ho voluto approfondire…
A destra oltre le vetrate un Jumbo della Thay è in bella vista con l’APU accesa, mentre un paio di tedeschi con l’aria severa ci scrutano da capo a piedi prima di “spedirci” dentro al finger.

Saliamo sola il nostro airbussino. La differenza generazionale si vede, soprattutto in quei pochi centimetri in più di differenza che lasciano “respirare” meglio le spalle, soprattutto se si è seduti “vista finestrino”.
Per il decollo ci danno la 25C ma preceduti da A340 di compagnia, dobbiamo aspettare qualche minuto per separazione. L’aereo è un po’ più carico rispetto all’andata, ma vista la tedesca che mi trovo a sinistra proprio non mi lamento. L’aereo è un po’ più pesante e la corsa ovviamente più lunga. In contrapposizione al maggior spazio in cabina, la rotazione (così come la virata) la trovo meno confortevole rispetto al 737. Saliamo in alto e in poco tempo buchiamo le nuvole, dove ritroviamo un sole splendente che ci accompagnerà sino alle coste scozzesi. Le belle coste olandesi invece non riusciamo a vederle, perché ancora una volta, una fitta e vasta coltre bianca copre tutto, da Francoforte sino alle coste scozzesi, negandoci la visione del Mare Del Nord. In crociera il pilota ci chiede di tenere allacciate le cinture causa probabile turbolenza.

Il viaggio procede liscio come l’olio, senza turbolenza alcuna e in avvicinamento alcune “finestre” tra le nubi ci regalano la visione delle sempre suggestive terre nordiche. Anche in questo caso le nubi sono passe e scorrono velocemente a vista d’occhio. Sin dall’alto si notano le “ochette” che caratterizzano un mare piuttosto “arrabbiato”. Tutto ciò è da anticamera ai venti e alle turbolenze che ci accolgono tutt’o ad un tratto in finale ad Edimburgo. L’avvicinamento più “turbolento” a mia memoria è sempre stato quello a Philadelphia su A330, ma quello di oggi si prende di diritto il primo posto. Non ho MAI vissuto un avvicinamento così turbolento. MAI! Il piccolo airbussino incassa sberle di vento che lo scarrocciavano lateralmente come una foglia secca e la cosa che più mi impressiona (e da un certo punto di vista diverte) sono le imbardate sull’asse verticale. La “pinna” del “Baby Airbus” gira come una banderuola, ma incassava bene e continua imperterrito il suo avvicinamento. La diminuzione di altitudine è inversamente proporzionale all’aumento di turbolenza e gli “scarrocciamenti” sono tali da rendermi quasi certo di una toccata un po’ dura o di un Go-Around. Il 319 e il suo pilota invece smentiscono le mie previsioni, toccando il suolo in modo sorprendentemente dolce. Ottimo lavoro, davvero!!!

Usciti dall’aeroporto Edimburgo ci accoglie con forti sferzate di vento, ma con una temperatura meno rigida di quanto mi aspettassi. I ricordi di questa splendida città hanno il sopravvento, e sono così vividi da credere di non essermene mai andato. Si potrebbe dire moltissimo di questa città semplicemente FAVOLOSA, ma questa è un’altra storia e meriterebbe un capitolo a parte.
Lascio l’aeroporto. Lo ritroverò martedì per il ritorno.
Ciao,
Diego.