Ancora una volta mi trovo a pensare come Placido sia migliore come regista che come attore.
È un film questo che ha fatto molto discutere, ma che trovo bello ed efficace. Molti lamentano il focalizzarsi troppo sul personaggio e poco sulla Milano dei tempi. Io dico che raccontare una Milano in tempi di una complessa fase di transizione criminale (ai tempi ancora ben lontani dalle truci spietatezze di oggi) avrebbe meritato spazi e tempi a sé, non lasciando spazio invece al protagonisti.
Molte critiche anche alla recitazione in “falso milanese” di Rossi Stuart che io invece non ho trovato poi così terribile. Tipico “milanese” dei tempi, con pronunce e accenti forse oggi ridicoli, ma tipiche dell’epoca, non sostituibili certo dai “bella raga tutto rego” di oggi.
Placido offre un ritratto del personaggio, nella sua crescita di un criminale “atipico (non certo innocente), sempre apparso in qualche modo simpatico e con una gran capacità di affascinare, più che di terrorizzare. Questo ha fatto storcere il naso a molti, ma non prendiamoci in giro, è d’altronde questo l’effetto che il “Bel René” aveva su molti, ai tempi.
C’è la volontà nel film di entrare nella sua testa, di cercare di capire i meccanismi che lo hanno accompagnato durante la sua carriera criminale. Interessanti quei lati sempre poco sottolineati, come quei feroci tentativi di evasione che lo portavano anche a seviziarsi (nel film non vengono citati episodi come l’auto iniettarsi di urina per contrarre l’epatite), o i rapporti a volte ingenui ed infantili, che tanto deludevano ma affascinavano le donne.
C’è anche il ritratto di una criminalità diversa da quella di oggi, ma vissuta in periodo di cambiamento. Criminalità che iniziava ad essere violenta e che iniziava a sporcarsi pesantemente con la droga. Non ci sono giustificazioni, ma non si può non notare come a volte il piacere materiale, economico o sessuale, ottenuto anche con gesti efferati, era comunque cosa lontana e “d’altri tempi” rispetto al non senso criminale dei giorni nostri, basato su gangster che spendono la propria vita nei bunker, a volte motivati forse solo dal semplice e patologico truce piacere della sofferenza altrui, più che di godimenti propri.
È un film che consiglio.