Giornata piovosa con raffiche di vento tali che la pioggia assume direzioni che sfidano la leggi gravitazionali. Il viaggio in aeroporto lo effettuiamo a bordo di un duble-decker guidato in modo tale da confermare la fama pazzerella degli autisti britannici. I “pulmoni” procedono agili e veloci, a pochi centimetri tra di loro senza toccarsi tra le strette corsie che delimitate da birilli e dissuasori di plastica, affiancano lavori stradali e le delimitazioni urbane di queste strade neogotiche. La mente mi riporta ad un ipotetico scenario simile in contesto italiano e virtualmente davanti ai miei occhi vedo due pulman ribaltati, vigili che non sanno dove smistare il traffico, gente che impreca in vernacolo provinciale e un leoncavallino che raccoglie firme per il comitato “no-pulman-ribaltato”.
Arriviamo al piccolo ed accogliente aeroporto di Edimburgo, dove mangiamo qualcosa prima di trovare due comode poltrone “vista 320” che conciliano un po’ troppo il sonno, soprattutto dopo una serata di saluto alcoolicamente “decorata” da IPA e Talisker.
Arrivati all’orario d’imbarco previsto, ci dirigiamo verso il gate numero 4, dove una simpatica sciura scozzese – visibilmente gasata ogni qualvolta col microfono effettua le chiamate con l’interfono – attira la nostra attenzione poiché a causa di una coda di cavallo alta, il cappello a tesa che indossa assume un’inclinazione frontale alla Jigen, tanto da obbligarla ad acrobazie cervicali per poter guardare in avanti.
Ci imbarchiamo. Saliamo sul nostro A319 con qualche minuto di ritardo e dalla finestra del finger noto il V2500 girare molto velocemente per windmilling. Sembra già in moto. Il volo è pieno e anche in questo caso proprio non mi lamento (… e due!). Un’educatissima e deliziosa morettina si alza per lasciarmi prendere il mio posto lato-finestrino, mentre “Cits” –seduto esattamente dietro – si trova a fianco due scozzesone così chiacchierone da far impallidire due comari alla Vucciria di Palermo. Mi giro, guardo l’espressione di Max e mi metto a ridere come un pirla. La morettina mi guarda e sorride. Non posso farci niente… 🙂
Béh, la ground crew aggancia l’Airbussino, inizio pushback, messa in moto, trick e track, bella lì e batti il cinque… iniziamo il rullaggio sull’uggiosa taxi way “Alpha” per pista 24. Ci fermiamo qualche secondo per la clearence dopodiché il 319 esegue una partenza a “fionda” come quella del 737 a Linate. Saliamo e ci inoltriamo nella foschia. Saliamo dentro la coltre nuvolosa senza particolari turbolenze aspettandomi di vedere il sole spuntare da un momento all’altro, ma diversamente da ciò che vidi giorni fa, lo strato di “cotone” ci accompagna spesso sino al livello di crociera. Una volta livellati dobbiamo aspettare qualche minuto prima che la nostra stella ci accarezzi tramite il finestrino. Le nubi sulla Scozia sono belle spesse. Il sole inizia ad’infastidire la morettina che ho a fianco che timidamente si copre gli occhi con una mano senza proferir parola e continuando nella sua lettura. Noto tutto ciò e chiudo parzialmente l’oblò facendo un po’ il “provolone” togliendole il sole diretto dal viso, ma rischiando di smontare mezza carlinga visto l’aver trovato l’unico parasole incastrato. Lei mi ringrazia sorridendo e arrossendo.
Nel mentre, due Hostess iniziavano il servizio di bordo in modo… TEDESCO! La prima delle due mi salta a pié pari tanto da indurmi a pensare che gli sto letteralmente sulle palle, ma dopo qualche minuto di osservazione noto il loro servire “a scacchiera” in modo alternato, una fila sì e una no… non voglio farmi altre domande perché al sol pensiero ho un’emicrania in anticamera.
Iniziamo la discesa mentre il sole inizia a tramontare dipingendo su tutto l’orizzonte, una cintura color magenta che passando per il giallo si fonde nel blu verdastro del cielo all’imbrunire, con ai piedi il fitto “materasso” nuvoloso che ora si tinge di blu violaceo e sfuma in lontananza. Ancora una volta lo strato di nubi sul nord Europa copre tutto il suolo sino a vista d’occhio, ma in avvicinamento però qualcosa cambia e tramite qualche sporadico squarcio tra le nubi, la nera terra in ombra marca la sua presenza con qualche luce urbana ambrata. In questo “piumone meteorologico”, un grosso squarcio mi consente di vedere nitidamente le due piste e il piazzale dell’aeroporto di Dusseldorf, le luci della città poco distante e il Reno che come un boa enorme si stende in modo ondulatorio sulle terre tedesche. Lo spettacolo però dura poco. Sulla nacella vedo riflettere le landing light, sento l’aereo in idle rallentare mentre l’avvisatore acustico precede il segnale luminoso delle cinture di sicurezza. Con molta probabilità questo è il nostro raggiungere i “diecimila” e sotto di noi la coltre nuvolosa si è infittita di nuovo. Scendiamo senza turbolenza alcuna e alla toccata un po’ “durella” sulla 25L segue una frenata molto vigorosa che ferma il nostro A319 in poco spazio. Vacata la pista, come di consueto, il taxi è lungo e dopo aver aspettato un A380 in decollo che decollava con annesso amministratore di condominio a bordo, ci dirigiamo verso il terminal 1-B attraversando una vera e propria secchiata di MD-11 Lufthansa Cargo.
Arrivati nel terminal, notiamo un “Francoforte” un po’ “in palla”,che ci obbliga ad effettuare più volte – sia in entrata che in uscita – i controlli, guidati da una security germanica simpatica ed affabile quanto una zitella con la gastrite. Mentre gli altri passeggeri scappano per le loro coincidenze per Vienna ed Amburgo, noi ce la prendiamo comoda. Abbiamo tempo, ci facciamo pretzel e birra e chiacchieriamo sui giorni appena trascorsi.
To be continued…